Etica della scienza pura

Collana: Transumanisti

€ 22.00

Etica della scienza pura è un poderoso volume di circa 600 pagine che ripercorre la storia del pensiero occidentale alla ricerca dei presupposti etici dell’impresa scientifica. Lo studio parte dal pensiero antico, precisamente dai racconti biblici e dalla filosofia greca, per arrivare alle ultime frontiere dell’ingegneria genetica e del transumanesimo. Durante il percorso, vengono analizzate le idee di molti scienziati e filosofi, tra i quali Socrate, Platone, Aristotele, Agostino, R. Bacone, Leonardo, Copernico, Bruno, Galileo, Campanella, Cartesio, F. Bacone, Diderot, Voltaire, La Mettrie, Condorcet, Saint-Simon, Comte, J. S. Mill, Spencer, Cattaneo, Hegel, Marx, Nietzsche, Enriques, Bachelard, Popper, Durkheim, Weber, Merton, Barnes, Dolby, Feyerabend, Prelli, Mitroff, Lyotard, Monod, Sztompka e Bunge.
Raccogliendo e interpretando una notevole mole di informazioni e documenti storici, l’autore confuta due pregiudizi ben consolidati nella mentalità contemporanea. Il primo è che la scienza non ha, né può avere, presupposti ideologici. Il secondo è che, se tali presupposti esistono, essi fanno certamente male alla scienza, minandone lo status epistemologico. In realtà, la ricerca scientifica è de facto permeata da valori morali, senza i quali non sarebbe affatto possibile. Per fare solo l’esempio più banale, chi impegna la propria esistenza in questa difficile attività deve innanzitutto riconoscere che la verità scientifica è un bene in sé. Altrimenti, perché sopporterebbe tutti i sacrifici che essa richiede? Questo – nel vocabolario dell’autore – è il principio di eusofia, o di bontà del sapere. Molte altre norme concorrono a formare l’ethos della scienza, e tra esse il disinteresse, l’abnegazione, l’universalismo, il comunismo epistemico, lo scetticismo organizzato, l’edonismo cognitivo, la dotta ignoranza, l’originalità, la chiarezza. Ponendosi in una prospettiva interdisciplinare che spazia tra sociologia, storiografia e filosofia della scienza, l’autore mostra che alcune di queste norme sono fondamentali (obblighi o divieti), mentre altre sono accessorie (preferenze o permessi).
Va comunque evidenziato che le ricostruzioni storiche e le argomentazioni teoriche dell’autore non nascono per soddisfare una semplice curiosità. La scelta di utilizzare un linguaggio per quanto possibile chiaro e sobrio testimonia di per sé un impegno civile, un tentativo sincero di comunicare un messaggio importante alle menti e ai cuori dei lettori. Il messaggio è, in effetti, piuttosto incisivo: i valori della scienza pura, ovvero i valori della conoscenza scientifica al di là delle possibili applicazioni, una volta riconosciuti o riscoperti, possono e debbono essere messi sul piatto della bilancia anche nelle interminabili discussioni di bioetica che oggi impegnano gran parte del mondo intellettuale e politico. Perché questa o quella ricerca scientifica? Per sapere. Questa potrebbe già essere una prima legittima risposta, eticamente fondata. Una risposta che ha radici solide nella storia occidentale, non meno di quelle che si pongono alla base del rifiuto di questa prospettiva.
Le indagini dell’autore provano che un ruolo fondamentale nel consolidarsi dei sopra menzionati pregiudizi è giocato dall’ostilità che gli uomini di scienza hanno dovuto costantemente fronteggiare per affermare il proprio ruolo sociale. Insistere sulla propria neutralità ideologica, e dunque etica, è stata spesso una strategia adottata dai ricercatori per mettersi al riparo dalle critiche e dalle persecuzioni dei partiti antiscienza, di qualunque orientamento politico o religioso. D’altro canto, presentare la scienza come carente sul piano dei valori etici è anche la strategia dei soggetti ostili. Per questi, la scienza è muta sul senso dell’esistenza, sul destino dell’uomo, sulle grandi scelte esistenziali. Al meglio, è un mero strumento per risolvere problemi pratici. Perciò – concludono i critici – lasciata a se stessa, essa non può che cadere vittima di interessi politici, economici e militari.
L’autore non nega che la scienza sia anche e sempre più il motore della tecnica e dell’industria e che, perciò, non può pretendere di essere del tutto disinteressata e fine a se stessa. Altrettanto, l’autore non nega (e anzi documenta in modo particolareggiato) i vizi morali che talvolta caratterizzano l’impresa scientifica, come i plagi e le frodi. Nega però che così sia sempre stato o debba necessariamente essere. La scienza è stata storicamente e può ancora essere proprio quel senso dell’esistenza, quel destino dell’uomo, quella grande scelta esistenziale, sulla quale qualcuno la pretende muta. Di più. Essa può addirittura elevarsi a modello etico capace di orientare i comportamenti umani in altri ambiti della vita.
Le stringenti argomentazioni e le puntigliose ricostruzioni storiche che costituiscono l’ossatura di quest’opera promettono di sollevare un vivo dibattito nel mondo intellettuale. Etica della scienza pura è un testo forte, una vera e propria ideologia della scienza in positivo, un possibile punto di riferimento per tutti quegli scienziati, quegli intellettuali e quei cittadini che continuano a vedere nella scienza non solo lo strumento che li protegge dalle forze ostili della natura, dalla scarsità, dalle malattie, dall’invecchiamento, dalla morte, ma anche e soprattutto la più edificante e plausibile forma di conoscenza prodotta dall’uomo.


Titolo: Etica della scienza pura


Autore: Riccardo Campa


Anno: 2007


ISBN: 978-88-95184-25-8


Pagine: 592


Collana: Transumanisti


DESCRIZIONE

Etica della scienza pura è un poderoso volume di circa 600 pagine che ripercorre la storia del pensiero occidentale alla ricerca dei presupposti etici dell’impresa scientifica. Lo studio parte dal pensiero antico, precisamente dai racconti biblici e dalla filosofia greca, per arrivare alle ultime frontiere dell’ingegneria genetica e del transumanesimo. Durante il percorso, vengono analizzate le idee di molti scienziati e filosofi, tra i quali Socrate, Platone, Aristotele, Agostino, R. Bacone, Leonardo, Copernico, Bruno, Galileo, Campanella, Cartesio, F. Bacone, Diderot, Voltaire, La Mettrie, Condorcet, Saint-Simon, Comte, J. S. Mill, Spencer, Cattaneo, Hegel, Marx, Nietzsche, Enriques, Bachelard, Popper, Durkheim, Weber, Merton, Barnes, Dolby, Feyerabend, Prelli, Mitroff, Lyotard, Monod, Sztompka e Bunge.
Raccogliendo e interpretando una notevole mole di informazioni e documenti storici, l’autore confuta due pregiudizi ben consolidati nella mentalità contemporanea. Il primo è che la scienza non ha, né può avere, presupposti ideologici. Il secondo è che, se tali presupposti esistono, essi fanno certamente male alla scienza, minandone lo status epistemologico. In realtà, la ricerca scientifica è de facto permeata da valori morali, senza i quali non sarebbe affatto possibile. Per fare solo l’esempio più banale, chi impegna la propria esistenza in questa difficile attività deve innanzitutto riconoscere che la verità scientifica è un bene in sé. Altrimenti, perché sopporterebbe tutti i sacrifici che essa richiede? Questo – nel vocabolario dell’autore – è il principio di eusofia, o di bontà del sapere. Molte altre norme concorrono a formare l’ethos della scienza, e tra esse il disinteresse, l’abnegazione, l’universalismo, il comunismo epistemico, lo scetticismo organizzato, l’edonismo cognitivo, la dotta ignoranza, l’originalità, la chiarezza. Ponendosi in una prospettiva interdisciplinare che spazia tra sociologia, storiografia e filosofia della scienza, l’autore mostra che alcune di queste norme sono fondamentali (obblighi o divieti), mentre altre sono accessorie (preferenze o permessi).
Va comunque evidenziato che le ricostruzioni storiche e le argomentazioni teoriche dell’autore non nascono per soddisfare una semplice curiosità. La scelta di utilizzare un linguaggio per quanto possibile chiaro e sobrio testimonia di per sé un impegno civile, un tentativo sincero di comunicare un messaggio importante alle menti e ai cuori dei lettori. Il messaggio è, in effetti, piuttosto incisivo: i valori della scienza pura, ovvero i valori della conoscenza scientifica al di là delle possibili applicazioni, una volta riconosciuti o riscoperti, possono e debbono essere messi sul piatto della bilancia anche nelle interminabili discussioni di bioetica che oggi impegnano gran parte del mondo intellettuale e politico. Perché questa o quella ricerca scientifica? Per sapere. Questa potrebbe già essere una prima legittima risposta, eticamente fondata. Una risposta che ha radici solide nella storia occidentale, non meno di quelle che si pongono alla base del rifiuto di questa prospettiva.
Le indagini dell’autore provano che un ruolo fondamentale nel consolidarsi dei sopra menzionati pregiudizi è giocato dall’ostilità che gli uomini di scienza hanno dovuto costantemente fronteggiare per affermare il proprio ruolo sociale. Insistere sulla propria neutralità ideologica, e dunque etica, è stata spesso una strategia adottata dai ricercatori per mettersi al riparo dalle critiche e dalle persecuzioni dei partiti antiscienza, di qualunque orientamento politico o religioso. D’altro canto, presentare la scienza come carente sul piano dei valori etici è anche la strategia dei soggetti ostili. Per questi, la scienza è muta sul senso dell’esistenza, sul destino dell’uomo, sulle grandi scelte esistenziali. Al meglio, è un mero strumento per risolvere problemi pratici. Perciò – concludono i critici – lasciata a se stessa, essa non può che cadere vittima di interessi politici, economici e militari.
L’autore non nega che la scienza sia anche e sempre più il motore della tecnica e dell’industria e che, perciò, non può pretendere di essere del tutto disinteressata e fine a se stessa. Altrettanto, l’autore non nega (e anzi documenta in modo particolareggiato) i vizi morali che talvolta caratterizzano l’impresa scientifica, come i plagi e le frodi. Nega però che così sia sempre stato o debba necessariamente essere. La scienza è stata storicamente e può ancora essere proprio quel senso dell’esistenza, quel destino dell’uomo, quella grande scelta esistenziale, sulla quale qualcuno la pretende muta. Di più. Essa può addirittura elevarsi a modello etico capace di orientare i comportamenti umani in altri ambiti della vita.
Le stringenti argomentazioni e le puntigliose ricostruzioni storiche che costituiscono l’ossatura di quest’opera promettono di sollevare un vivo dibattito nel mondo intellettuale. Etica della scienza pura è un testo forte, una vera e propria ideologia della scienza in positivo, un possibile punto di riferimento per tutti quegli scienziati, quegli intellettuali e quei cittadini che continuano a vedere nella scienza non solo lo strumento che li protegge dalle forze ostili della natura, dalla scarsità, dalle malattie, dall’invecchiamento, dalla morte, ma anche e soprattutto la più edificante e plausibile forma di conoscenza prodotta dall’uomo.