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Delitti, ossessioni, crudeltà. Indagini sul racconto fin de siècle

Collana: Francesistica

fuori catalogo

Se l’Ottocento è il secolo del romanzo, la fine del secolo è la stagione d’oro del racconto. Barbey, Villiers, Bloy, Mirbeau, Lorrain, Mendès, Beaubourg, Richepin, Laforest, Danville… quasi tutti gli scrittori si misurano con la forma breve. Confrontandosi con il giornalismo scandalistico, la cronaca giudiziaria, la medicina legale, inaugurano un genere di racconto che può definirsi crudele innanzi tutto perché tratta di delitti, ossessioni, crudeltà. Danno voce a ragionamenti aberranti di individui border-line che evocano una realtà sociale costituita da casi, nella triplice accezione di casi medici, giudiziari e giornalistici: quelli studiati da Lombroso, Charcot, Krafft-Ebing e quelli su cui erano sempre puntati i riflettori del «Petit journal». L’intento di questi racconti non è solo quello di rappresentare, quanto quello di colpire il lettore. Giocano la partita dei sentimenti forti. Vogliono provocare, indignare, eccitare: suscitare la paura, il riso, lo scandalo. È in questa funzione, retorica e non mimetica, che va ricercata la fonte principale della loro crudeltà.


Titolo: Delitti, ossessioni, crudeltà. Indagini sul racconto fin de siècle


Autore: Angela Di Benedetto


Anno: 2010


ISBN: 978-88-96333-46-4


Pagine: 170


Collana: Francesistica


DESCRIZIONE

Se l’Ottocento è il secolo del romanzo, la fine del secolo è la stagione d’oro del racconto. Barbey, Villiers, Bloy, Mirbeau, Lorrain, Mendès, Beaubourg, Richepin, Laforest, Danville… quasi tutti gli scrittori si misurano con la forma breve. Confrontandosi con il giornalismo scandalistico, la cronaca giudiziaria, la medicina legale, inaugurano un genere di racconto che può definirsi crudele innanzi tutto perché tratta di delitti, ossessioni, crudeltà. Danno voce a ragionamenti aberranti di individui border-line che evocano una realtà sociale costituita da casi, nella triplice accezione di casi medici, giudiziari e giornalistici: quelli studiati da Lombroso, Charcot, Krafft-Ebing e quelli su cui erano sempre puntati i riflettori del «Petit journal». L’intento di questi racconti non è solo quello di rappresentare, quanto quello di colpire il lettore. Giocano la partita dei sentimenti forti. Vogliono provocare, indignare, eccitare: suscitare la paura, il riso, lo scandalo. È in questa funzione, retorica e non mimetica, che va ricercata la fonte principale della loro crudeltà.

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